Cosa sta succedendo alle immagini dei brand
Negli ultimi due anni i feed si sono riempiti di visual perfetti, surreali, spesso “troppo” puliti per essere scatti reali. Non è un caso: sempre più aziende stanno sostituendo (o integrando) gli shooting fotografici con immagini create dall’Intelligenza Artificiale generativa.

Non solo le big tech o i colossi dell’intrattenimento: la tendenza sta toccando anche le PMI, i professionisti e le agenzie che cercano velocità, controllo creativo e budget sostenibili.
Non è una moda passeggera. È l’effetto di una pressione crescente: servono più contenuti, più spesso, su più canali, mantenendo coerenza estetica e messaggi chiari. Gli shooting tradizionali restano preziosi, ma non sempre reggono i tempi e i costi delle campagne “always-on”.
Nel frattempo, gli strumenti si sono fatti maturi: modelli “commercial-safe”, credenziali di contenuto per dichiarare l’uso dell’AI e linee guida più chiare sulla trasparenza. Per i brand significa poter produrre immagini in modo rapido e scalabile, con maggiori garanzie d’uso commerciale rispetto al passato.
Non è solo moda: è una risposta a costi, tempi e coerenza
I team marketing raccontano tutti la stessa storia: calendario editoriale fitto, richieste last-minute, adattamenti per marketplace e ADV, test A/B continui. L’AI abbatte il collo di bottiglia creativo: genera 20 varianti di un visual in pochi minuti, mantiene palette e stile di brand, e consente di iterare senza rilavorazioni lunghe.
Dove l’AI brilla e dove la fotografia resta imbattibile
L’AI eccelle quando servono ambientazioni difficili (o costose), set impossibili, look&feel altamente stilizzati. La fotografia vince quando bisogna mostrare persone reali, luoghi reali, prodotti con dettagli delicati (texture, riflessi, finiture) o quando la prova sociale e l’autenticità sono determinanti (es. studi medici, artigiani, professionisti locali).
Perché i brand preferiscono l’AI: i 5 vantaggi concreti
1) Rapidità e scalabilità delle varianti
L’AI permette di produrre in giornate ciò che prima richiedeva settimane: dallo storyboard alle declinazioni per social, sito, ADV e marketplace. Questo è il vantaggio più citato dalle aziende che operano su campagne dinamiche, in particolare su moda e retail.
2) Riduzione dei costi di produzione
Il tema è sensibile, ma chiaro: le immagini AI riducono sensibilmente il costo per visual finale, soprattutto per campagne con molte varianti. Stime di settore indicano tagli dal 70% al 90% rispetto a shooting tradizionali, con range che passano da qualche centinaio/duemila euro a poche decine per immagine, in base a complessità e provider. Naturalmente, i numeri cambiano per mercato e qualità richiesta, ma la tendenza è netta: più varianti servono, maggiore è il risparmio marginale.
3) Coerenza con la brand identity
Style guide, palette, inquadrature, luce: con i giusti prompt e qualche “immagine di riferimento” si ottiene una direzione artistica coerente su centinaia di asset — ideale per marketplace e campagne adv multi-paese. Per i brand con molte linee prodotto, mantenere il “family look” diventa più semplice.
4) Creatività senza vincoli logistici
Niente booking di location, permessi, meteo sfavorevole, noleggi, casting: l’AI “apre” ambientazioni irrealizzabili o costosissime (es. still life iper-stilizzati, set architettonici, scenari onirici) che altrimenti sarebbero fuori budget.
5) Sicurezza d’uso e modelli “commercial-safe”
Una delle obiezioni iniziali era: “Posso usarle davvero in pubblicità?”. Oggi diversi vendor si presentano come “commercially safe” con programmi di indennizzo IP in determinate condizioni e strumenti per le Content Credentials (metadati che indicano come è stata creata l’immagine). Per i brand significa più serenità legale e una traccia di trasparenza comunicabile al pubblico.

Attenzione: cosa può andare storto (e come evitarlo)
Fiducia, autenticità e percezione dei clienti
Non tutti i pubblici reagiscono bene alle immagini sintetiche. Alcune ricerche indicano che, in scenari ad alto coinvolgimento (esperienze reali, turismo, ristorazione), i clienti possono percepire i visual AI come meno credibili e poco “umani”, con impatto su fiducia e intenzioni d’acquisto. La chiave è il contesto: se prometti un’esperienza reale, le persone vogliono vedere il reale.
Cosa fare:
- Usa immagini reali quando devi mostrare ciò che il cliente riceverà davvero (camere d’albergo, piatti, studio medico).
- Se scegli l’AI per concept o mood, chiariscilo: l’onestà migliora la percezione, soprattutto sui servizi.
Rischi legali e copyright: cosa è cambiato nel 2025
Il 2025 ha portato novità importanti. A novembre, il caso Getty Images vs Stability AI nel Regno Unito si è concluso con la vittoria di Stability sui residui profili di violazione, mentre Getty ha rivendicato pubblicamente la decisione come un segnale per i diritti dei creatori. Al di là delle letture di parte, il messaggio per i brand è: la cornice legale è in evoluzione e va seguita con attenzione, adottando fornitori che offrano filtraggi e policy chiare.
Sul fronte delle licenze dati, piattaforme stock come Shutterstock hanno stretto accordi per l’uso dei contenuti in addestramento e opzioni di opt-out per i contributor: un segnale di maggiore governance della supply chain visiva.
Trasparenza e label: cosa richiede l’UE (e non solo)
In Europa, l’AI Act introduce obblighi di trasparenza per contenuti generati o manipolati (“deepfake” ecc.), con regole e codici di pratica in fase di implementazione: per i brand significa prepararsi a etichettare correttamente dove necessario e adottare strumenti di marcatura e rilevazione. Nel Regno Unito, l’ASA/CAP ricorda che non esiste un obbligo generale di disclosure, ma richiede comunque un uso responsabile in linea con le norme vigenti. In pratica: organizzazioni che operano in UE dovranno prestare particolare attenzione al labeling.
Cosa fare:
- Integra le Content Credentials nei tuoi flussi (es. tramite tool che scrivono metadati C2PA).
- Definisci una policy di disclosure: quando è obbligatoria, quando è consigliata, come formattarla nei canali digitali.
Bias, stereotipi e inclusività
I modelli di Intelligenza Artificiale generativa possono generare rappresentazioni stereotipate. Per brand e professionisti, il rischio reputazionale è reale. Serve revisione umana e linee guida inclusive (range di età, etnie, corpi, abilità). Evita immagini “perfette” che allontanano le persone reali: la performance spesso migliora con visual più vicini alla quotidianità.

AI o foto reali? Una matrice di scelta per PMI e professionisti
Prodotti fisici vs servizi
- Prodotti (ecommerce, retail): l’intelligenza artificiale generativa è utile per concept, ambienti creativi, pack-shots stilizzati; per pagine prodotto e dettagli, meglio foto reali per credibilità e resa delle texture.
- Servizi (studi medici, consulenti, artigiani): punta su ritratti reali e ambienti autentici (studio, laboratorio). Usa AI per copertine blog, infografiche, mood delle campagne.
Ecommerce, food, moda, studi professionali: esempi pratici
- Ecommerce tecnico (es. ferramenta, componenti): foto reali su schede prodotto; AI per testare creatività ADV, stagionalità e varianti colore.
- Food: evita piatti “impossibili”; AI concessa per poster e creatività astratte, ma menu e delivery con foto reali.
- Moda: AI potente per lookbook concettuali e ambientazioni; per fit e materiali, shooting reale (anche ibrido: modelli virtuali + capi reali).
- Studi professionali: ritratti del team reali per fiducia; AI per copertine di guide e post LinkedIn.
Budget, timing e canali: come decidere oggi
- Budget basso + alta frequenza: AI per contenuti editoriali e test; foto reali pianificate a trimestri per asset “hero”.
- Lancio importante: shooting reale (hero + PR), AI per varianti ADV e adattamenti social.
- Marketplace: coerenza di fondo con AI; foto reali quando sono richiesti standard visivi o verifiche di integrità del prodotto.
Workflow ibrido consigliato: AI + fotografia + controllo qualità
Linee guida operative e checklist
1) Strategia e diritti
5) Accessibilità
- Scrivi testi alternativi (alt-text) significativi: se l’immagine è concettuale, spiega il messaggio; se è prodotto, indica attributi visivi utili.
- Controlla contrasto di testi sovrapposti e leggibilità su mobile.
KPI da monitorare: qualità, coerenza, performance e fiducia
- CTR e conversioni per campagna/canale.
- Tempo di produzione e costo per asset per valutare il delta AI vs shooting.
- Brand consistency score (valutazione interna) e sentiment su commenti/social.
- Segnalazioni utenti su incongruenze o percezione di “finto”: trattale come insight, non come incidenti.
Prossimi passi
Le immagini generate con l’AI piacciono ai brand perché risolvono tre problemi concreti: tempo, costo e coerenza. Non sono però la soluzione universale: in molte situazioni la fotografia reale resta insostituibile per fiducia e autenticità. La strada migliore oggi è un modello ibrido: usare l’AI dove crea valore (varianti creative, ambienti, adattamenti) e investire in scatti reali dove servono persone, luoghi e prodotti tangibili.
Il quadro legale sta diventando più chiaro: linee guida sulla trasparenza (AI Act) e strumenti di Content Credentials aiutano brand e professionisti a comunicare in modo responsabile; accordi di licensing e filtraggi più rigorosi riducono i rischi lungo la filiera dei contenuti.
Se stai pianificando nuove campagne, parti da un brief ibrido e imposta sin da subito policy di qualità e trasparenza. I risultati arrivano quando creatività e responsabilità viaggiano insieme.

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